IL TRIBUNALE 
 
    Il Giudice nel procedimento penale nei confronti di A.   M.   B. 
C. M. N. D'A. R. nn. 5853/11  rg.  Dib  ha  pronunciato  la  seguente
ordinanza di rimessione degli atti alla Corte Costituzionale 
    Premesso che: 
        1) Si procede per il reato di lesioni  personali  gravi  che,
secondo l'imputazione, sarebbe stato commesso dagli  imputati,  nella
loro  rispettiva   qualita'   di   operatori   sanitari   all'interno
dell'Istituto O. G. di Milano, per aver cagionato  alla  paziente  R.
L., lesioni con colpa generica e per violazione dell'arte medica. 
        2) In via preliminare si costituiva parte civile  la  persona
offesa ed agiva civilmente sia nei confronti degli imputati  sia  nei
confronti del responsabile civile Istituto O. G.  s.p.a.  di  Milano.
Sicche'  si  procedeva  allo   svolgimento   del   dibattimento   per
l'accertamento anche della responsabilita' civile  degli  imputati  e
dell'istituto convenuto. 
        3) Esaurita l'istruttoria dibattimentale,  nelle  more  della
discussione finale, entrava in vigore l'art. 3, d.l. 158/12 conv.  da
l.  189/12  che  al  comma  1  recita:  "L'esercente  la  professione
sanitaria che nello svolgimento della propria attivita' si attiene  a
linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunita.  scientifica
non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta  comunque
fermo l'obbligo di  cui  all'articolo  2043  del  codice  civile.  Il
giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene
debitamente conto della condotta di cui al primo periodo". 
    Tale disposizione prosegue prevedendo un sistema di  agevolazione
assicurativa per gli esercenti le professioni sanitarie e una tabella
per le somme dovute a titolo  di  risarcimento  con  il  rinvio  agli
articoli 138-139 d.lvo 209/05. 
 
                               Osserva 
 
    La nuova disposizione normativa: 
        1) Riguarda soltanto e tutti i soggetti  che  esercitano  una
professione sanitaria nello svolgimento della propria attivita'; 
        2) Comporta l'esonero della responsabilita' penale per  colpa
lieve, purche' l'operatore sanitario si attenga alle  linee  guida  e
buone pratiche accreditate dalla comunita' scientifica; 
        3) Lascia invariata la responsabilita' aquiliana ex art. 2043
cc; 
        4) Obbliga il giudice nella "determinazione del  risarcimento
del danno", rectius nella determinazione del danno cagionato a  tener
conto della condotta lievemente colposa. 
    In breve l'art. 3.1 d.l. 158/12 conv. da l.  189/12  prevede  una
norma ad professionem delineando un'area di non punibilita' riservata
esclusivamente a tutti  gli  operatori  sanitari  che  commettono  un
qualsiasi reato lievemente colposo nel rispetto delle linee  guida  e
delle buone prassi. 
    La  formulazione,  la  delimitazione,  la   ratio   essendi,   le
conseguenze sostanziali e processuali di tale area di non punibilita'
appaiono stridere con i principi costituzionali di cui agli artt.  3,
24, 25, 27, 28, 32, 33, 111 Cost. 
1) La formula "non risponde penalmente" e la violazione degli artt. 3
e 25 Cost. 
    Una serie di dubbi sul rispetto del principio di ragionevolezza e
di tassativita' sorgono dalla locuzione per cui l'operatore sanitario
"non risponde penalmente per colpa lieve". 
    Il legislatore ha  ricavato  l'area  di  non  punibillita'  degli
esercenti la professione sanitaria trapiantando  un  grado  di  colpa
(sempre parametro di determinazione della pena ai sensi dell'art. 133
cp) in una equivoca funzione esimente. 
    Il trapianto crea una crisi di rigetto quando l'interprete  tenta
di inquadrare l'esimente nella teoria generale del reato. 
    La corretta collocazione della deresponsabilizzazione nell'ambito
della struttura del reato e' necessaria almeno per coordinarla con le
conseguenze delle diverse formule assolutorie dettate dal  codice  di
procedura penale (artt. 529 ss. e 652 cpp),  nonche'  per  orientarsi
nell'entita' del risarcimento del danno (come pretese  dalla  seconda
parte del medesimo comma 1). 
    Al riguardo la generica formula legislativa  consente  diverse  e
confliggenti interpretazioni. 
    a) Secondo un'interpretazione letterale si potrebbe ritenere  che
non v'e' colpa lieve nell'operatore sanitario  che  si  attenga  alle
linee guida e alle buone pratiche. 
    Ma   nel   medesimo   comma   il   legislatore   riconferma    la
responsabilita'    civile    per     l'illecito     extracontrattuale
dell'operatore sanitario  e  impone  al  giudice  di  considerare  la
condotta colposa nella  valutazione  del  danno.  Se  il  legislatore
avesse voluto  escludere  ope  /els  la  colpa  lieve  dell'operatore
sanitario che si attenga alle linee  guida  e  alle  buone  pratiche,
verrebbe meno tale colpa anche sul piano civilistico; quindi anche il
requisito  soggettivo  minimo  per  la,  risarcibilita'   del   danno
cagionato in base all'art. 2043 cc. Di conseguenza  se  si  ritenesse
che la  condotta  dell'operatore  sanitario  fosse  priva  di  minima
colpevolezza, in base alla prima parte del comma  1  della  norma  in
parola, la seconda  parte  dello  stesso  comma  non  avrebbe  ragion
d'essere; cosicche'  il  legislatore  sarebbe  caduto  in  una  grave
contraddizione nell'ambito dello stesso comma. 
    b) Diversamente, secondo un'interpretazione letterale  razionale,
si potrebbe ritenere che il comportamento del sanitario e'  predicato
dalla colpa lieve ma non e' punibile. 
    Il  legislatore  avrebbe  voluto  stabilire  una  causa  di   non
punibilita' in senso stretto per cui  l'operatore  sanitario  che  si
attenga a quelle indicazioni scientifiche, pur essendo in  colpa  pur
dovendo risarcire il danno cagionato in base all'art.  2043  cc,  non
merita la sanzione penale. 
    Avere  sostanzialmente  depenalizzato  la  colpa  lieve  per  gli
operatori  sanitari  comporta  l'impossibilita'  di  punire  chi   ha
cagionato un reato con colpa, rendendo concreto  il  rischio  che  la
norma cautelare voleva evitare; e di conseguenza non si  consente  la
rieducazione dell'autore dello stesso. 
    Entrambe le letture della formula "non  risponde  penalmente  per
colpa lieve" sono sostenibili ma  portano  a  diverse  e  antinomiche
collocazioni dommatiche; si tratta quindi di una formula criticamente
equivoca, non superabile con  una  mera  attivita'  ermeneutica;  che
evidenzia un dato normativo  impreciso,  indeterminato  e  quindi  in
attrito con il principio di ragionevolezza  e  di  tassativita',  sub
specie, del principio di legalita' ex artt. 3  e  25  comma  2  Cost.
nonche' un vulnus del principio costituzionale ex art. 27 Cost. 
2) La definizione di colpa lieve 
    Il limite della  colpa  lieve  e'  il  punto  piu'  debole  della
normativa  in  parola:  sconosciuta  al  nostro  diritto  penale   la
definizione di colpa lieve ex art. 133 cp e' un grado della colpa  da
valutare obbligatoriamente per la quantificazione della pena. 
    La novella in parola considera la colpa lieve il  limite  massimo
dell'esimente. Pertanto al cittadino, all'operatore  sanitario  prima
ancora che al giudice, il legislatore ha il  dovere  di  dettare  una
definizione che non sia consegnata all'arbitrio ermeneutico, pena  la
violazione del principio di tassativita'. 
    Non c'e' dubbio che la dottrina  ha  offerto  in  questi  decenni
varie definizioni della colpa lieve ma si e' sempre trattato di studi
che non hanno avuto nella giurisprudenza un sostanziale accoglimento.
Non si deve trascurare infatti che la  giurisprudenza  in  ordine  ai
fatti colposi ha soltanto raramente ricavato la definizione di  colpa
lieve e sempre soltanto ovviamente  ai  fini  di  determinazione  del
quantum   della   pena,   non   di   determinazione   dell'an   della
responsabilita'. 
    Nel caso della norma de qua il legislatore, ha inteso spostare la
soglia  della  punibilita'  fissandone  il   limite   attraverso   il
riferimento al grado di colpa, ma la considerazione che  tale  limite
riguarda tutti i reati colposi, commessi da una  categoria  ampia  di
soggetti, nell'esercizio della loro attivita' professionale, comporta
ancor  di piu'  la  necessita'  di  tassativi,  determinati,  precisi
parametri normativi, primari o subprimari,  idonei  a  delimitare  il
discrimen della punibilita'. E' ancora piu' insidioso rimettere  alla
discrezionalita' del giudice l'interpretazione  e  l'applicazione  di
tale formula in un contesto normativo in cui gli altri elementi della
fattispecie  presentano  ampie  falle  sul  piano  della  precisione,
determinatezza e tassativita' della fattispecie 
    Quindi anche per l'assenza di qualsiasi riferimento normativo per
il concetto di colpa lieve, la disposizione appare in violazione  del
principio di tassativita' ex art. 25 comma 2 Cost. 
3) La ratio legis e la violazione degli artt. 3 e 33 cost 
    Le ragioni della non punibilita' dell'operatore sanitario, che si
sia attenuto alle linee guida e alle buone pratiche  della  comunita'
scientifica, sono da  ricercare  probabilmente  nella  preoccupazione
:del legislatore ler la  cosiddetta  medicina  difensiva,  cioe'  per
l'atteggiamento della Classe medica e adotta scelte terapeutiche  e/o
diagnostiche, morivate dalla paura per le Conseguenze  penali  e  per
mettersi al riparo da richieste risarcitorie, che non necessariamente
corrispondono all'interesse del paziente. 
    La ratio  legis  consistente  nel  superamento  della  cosiddetta
medicina difensiva, pero', e' stata tradita dal  legislatore poiche',
con un intervento cosi formulato, produce un risultato che rischia di
burocratizzare le scelte del medico e quindi di avvilire il progresso
scientifico. 
    Anche  a  voler  limitare  questa  osservazione  al  campo  degli
operatori medici (ma la  norma  si  estende  a  tutti  gli  operatori
sanitari)  si  consideri  che  la  norma  de  qua   deresponsabilizza
penalmente soltanto chi si attiene alle  linee  guida  e  alle  buone
prassi con  l'effetto  di  inibire  e  atrofizzare  la  liberta'  del
pensiero scientifico, la liberta' di  ricerca  e  di  sperimentazione
medica, la liberta' terapeutica che costituisce una scelta del medico
e  del  paziente,  perche'  confina  ogni  scelta   diagnostica   e/o
terapeutica all'interno di  cio'  che  e'  stato  gia'  consacrato  e
cristallizzato dalle linee guida o dalle buone prassi. 
    L'area di non punibilita'  e'  ingiustificatamente  premiale  per
coloro che manifestano acritica e rassicurante  adesione  alle  linee
guida o alle  buone  prassi  ed  e'  altrettanto  ingiustificatamente
avvilente e penalizzante e per  chi  se  ne  discosta  con  una  pari
dignita' scientifica. 
    Si consideri inoltre che il  sistema  delineato  dalla  norma  in
parola sostanzialmente promuove la produzione di linee guida  perche'
costituiscono il perimetro  della  non  punibilita'  entro  il  quale
l'operatore sanitario  trova  riparo  venendo  graziato  dalla  colpa
lieve. Quindi induce alla costituzione  e  alla  redazione  di  linee
guida o comunque all'individuazione di buone pratiche da  codificare,
automaticamente bloccando l'evoluzione del pensiero scientifico e  la
sperimentazione clinica. 
    La conseguenza di' tale irragionevole e quindi iniquo trattamento
e' la repressione e compressione della liberta' del  sapere  e  dello
sviluppo scientifico. 
    Sotto questo profilo la norma de qua appare violare gli artt. 3 e
33 Cost. laddove garantiscono in modo  equo  e  ragionevole  le  pari
condizioni della liberta' dell'arte, della  scienza  e  del  relativo
insegnamento. 
4) L'applicazione a tutti gli operatori sanitari per qualsiasi  reato
colposo e la violazione dell'art. 3 Cost. 
    La norma de qua si riferisce a qualsiasi esercente la professione
sanitaria. 
    Non v'e' dubbio  quindi  che  in  tale  locuzione  normativa  non
rientrano  soltanto  i  medici  ma  tutti  gli  operatori   sanitari:
veterinari, farmacisti, biologi, psicologi, operatori socio sanitari,
operatori di assistenza sanitaria etc. 
    Si  tratta  di  una   dilatazione   dell'ambito   soggettivo   di
applicabilita'  che  modifica  la  portata  e  stravolge   la   ratio
giustificativa di tale norma eccezionale. 
    Se  e'  vero  che  l'eccezionalita'  della  norma  non   consente
l'applicazione analogica  ad  altre  categorie,  e'  anche  vero  che
l'applicazione della medesima  a  tutte  le  categorie  di  operatori
sanitari  non  costituisce   nemmeno   un'interpretazione   estensiva
un'interpretazione diretta della lettera normativa. 
    La nuova disposizione si rivolge anche soggetti privi del compito
di adottare scelte terapeutiche e/o diagnostiche (quindi estranei  al
tema della medicina difensiva) che pur fanno  parte  della  categoria
degli operatori sanitari. 
    Un'ulteriore considerazione riguarda l'applicazione diretta della
disposizione anche ai medici veterinari la  cui  professione  non  ha
riguardo alla salute umana. 
    Queste ultime due considerazioni portano ad  evidenziare  che  il
legislatore ha tradito, con  l'ambito  soggettivo  di  applicabilita'
della norma, la stessa ratio  di  tutela  dalla  medicina  difensiva,
cioe' di scelte terapeutiche e/o diagnostiche improntate al  prudente
allontanamento di  rischio  penale  e  civile  per  reati  contro  la
persona. 
    Invero la norma riguarda anche soggetti che non esercitano scelte
terapeutiche  e/o  diagnostiche  e  soggetti  che  non  hanno  alcuna
competenza diretta con la salute umana. 
    Si osservi che l'esonero dalla responsabilita'  penale,  comunque
qualificato, non riguarda soltanto  i  reati  contro  la  persona  ma
qualsiasi reato colposo allargando il raggio di non punibilita'  fino
a comprendere qualsiasi fatto commesso con colpa lieve  di  qualsiasi
operatore sanitario. 
    Si pensi ad esempio all'ipotesi in cui  linee  guida  riguardanti
l'attivita' radiologica, l'attivita' medica  iperbarica,  l'attivita'
di laboratorio clinico  (con  uso  di  sostanze,  prodotti,  reagenti
chimici) indichino  dei  comportamenti  che  pero'  per  colpa  lieve
provochino un incendio o un disastro. 
    Si pensi ancora all'ipotesi di  un'attivita'  lievemente  colposa
del medico veterinario che provochi un'epidemia. 
    Un'infinita' di condotte, quindi, rientrano nella disposizione in
parola, e possono non riguardare il tema della medicina  difensiva  e
tanto meno quello della salute umana. 
    Siffatta dilatazione e'  aberrante,  incongrua  e  ingiustificata
rispetto alla ratio, delineando  in  modo  quasi  illimitato  la  non
punibilita' di una serie tanto vasta di ipotesi da  non  trovare  una
ragionevole spiegazione dell'esenzione di pena (comunque qualificata)
nell'osservanza delle linee guida o delle buone prassi, 
    In  definitiva  anche  sotto  questo  profilo  si   appalesa   la
violazione dell'art. 3 Cost. 
5) La cooperazione  colposa  con  soggetti  diversi  dagli  operatori
sanitaria. 
    La non punibilita'  in  parola  costituisce  una  norma  esimente
soggettiva applicabile soltanto agli  operatori  che  escrcitano  una
professione sanitaria. 
    Nel caso in cui un  evento  lesivo  dovesse  realizzarsi  per  la
cooperazione colposa di un sanitario e di un soggetto con una diversa
qualifica (ad esempio un amministratore che  non  ha  predisposto  la
struttura, il  materiale,  i  prodotti,  l'organizzazione  idonea  ad
evitare l'evento lesivo) si porrebbe seriamente, nel caso di medesimo
grado di colpa lieve, la disparita' di trattamento e  la  sostanziale
ingiustizia tra i due cooperanti. 
    E' vero che il  diverso  titolo  di  colpa  puo'  comportare  due
atteggiamenti diversi da parte di due soggetti che operano per  colpa
lieve nella produzione dello stesso evento lesivo, ma e'  anche  vero
che sanitario - attenutosi alle linee guida o  alle  buone  prassi  -
godrebbe della non  punibilita'  soltanto  in  quanto,  esercente  la
professione sanitaria; mentre il soggetto  che  ha  con  colpa  lieve
cooperato con il sanitario (adeguatosi alle linee guida), continua  a
rispondere del medesimo reato colposo da cui invece  il  sanitario  e
prosciolto. 
    Anche sotto questo profilo si appalesa la violazione dell'art.  3
Cost. 
6) La responsabilita' dell'operatore sanitario nel caso di violazione
di norme in materia di sicurezza del lavoro. 
    Dalla natura eccezionale dell'articolo 3.1 d.l. 158/12  conv.  da
l. 189/12 deriva la  forza  derogatoria  rispetto  ad  altri  profili
responsabilita' penale colposa che gravano sui medesimi soggetti. 
    Non  si  deve  trascurale  infatti  che  tra  gli  esercenti   la
professione sanitaria, in base alle funzioni loro  assegnate  e  alla
posizione gerarchico-funzionale assunta, vi sono normalmente soggetti
che ricoprono la funzione di datore di lavoro, dirigente, preposto  o
comunque lavoratore ai sensi dell'art. 2 lett. a), b), d),  e)  d.lvo
81/08. 
    E' indubbio che  l'attivita'  lavorativa  sanitaria  rientra  nel
concetto di "svolgimento della  propria  attivita'"  e  pertanto  gli
operatori sanitari assumono di regola una posizione di  garanzia  nei
confronti sia dei lavoratori che frequentino il luogo di  lavoro  sia
dei soggetti presenti, ospitati, protetti o garantiti all'interno  di
una struttura sanitaria. Il termine "attivita'"  comprende  qualsiasi
tipo di  atto  svolto  nell'esercizio  delle  proprie  funzioni:  non
soltanto l'attivita' sanitaria in senso stretto ma tutti  i  tipi  di
attivita' legate all'esercizio della professione sanitaria  e  quindi
anche all'attivita' inerente la posizione di garanzia. 
    Nell'esercizio  di  tale  funzione   quindi   un   esercente   la
professione sanitaria deve anche osservare le norme  poste  a  tutela
della sicurezza del lavoro, tra le quali vi sono anche le linee guida
e le buone prassi previste dagli artt. 2 lett. v) e z), 6 lett. d), 9
lett. i) e l) d.lvo 81/08. 
    Si noti che in tale contesto normativo  la  previsione  di  buone
prassi o di linee guida, mediante un procedimento  amministrativo  di
raccolta,  verifica,  validazione,   normazione,   pubblicita'   etc,
costituisce per il dirigente, il preposto, il lavoratore un ulteriore
obbligo a cui attenersi in modo specifico. 
    Comunque  nel  caso  in  cui  un  qualsiasi  datare  di   lavoro,
dirigente, preposto, lavoratore, anche  nel  settore  sanitario,  pur
rispettando le linee guida e le buone prassi, commetta un  reato  per
colpa generica o per colpa  specifica,  ancorche'  per  colpa  lieve,
risponde di rale reato (sia esso delitto di qualsiasi  genere,  anche
contro la persona, sia esso contravvenzione). 
    E' evidente, quindi, il trattamento eccezionale  ad  professionem
riservato a tutti e soltanto agli operatori sanitari, anche nel  caso
in cui esercitino le funzioni di garanzia loro assegnate  in  materia
di sicurezza del lavoro, in forza del quale non  risponderebbero  per
colpa lieve anche dei reati commessi con violazione  della  normativa
in materia di sicurezza del lavoro. 
    Tale trattamento penale speciale, sostanzialmente contraddittorio
e  ingiustificato,  e'   letteralmente   consentito   dalla   formula
utilizzata dal legislatore nell'articolo 3.1 d.l. 158/12 conv. da  l.
189/.12 laddove  prevede  l'esonero  da  responsabilita'  penale  per
l'esercente la professione sanitaria  "che  nello  svolgimento  della
propria attivita'.." commetta un reato per coIpa lieve, non lasciando
spazio all'imputazione per colpa generica  o  per  altri  profili  di
colpa specifica. 
    In considerazione dell'esonero di responsabilita' esteso a  tutti
i  reati  colposi  si  crea  un  grave   attrito   con   i   principi
costituzionali di ragionevolezza, sub specie di  uguaglianza,  almeno
sotto due profili: 
        1) sul piano dell'eguaglianza della  responsabilita'  nonche'
del  rispetto  di  tutte  le  direttive  europee  poste   alla   base
dell'attuale normativa in materia di sicurezza  del  lavoro.  Infatti
nessuno  di  tali  principi  costituzionali  ed   europei   autorizza
l'esonero di responsabilita' per colpa lieve. 
        2)  sul  piano  della   contraddizione   ingiustificabile   e
intrinseca al quadro generale della responsabilita' di tali  soggetti
nel momento in cui esercitano una posizione di garanzia. 
    Infatti contemporaneamente,  per  i  medesimi  profili  di  colpa
lieve, l'operatore sanitario anche per le buone  prassi  o  le  linee
guida - dettate ad es. in forza degli artt. 2 lett. v) e z), 6  lett.
d),  9  lett.  i)  e  l)   D.lvo   81/08   risulterebbe   esente   da
responsabilita' penale (in forza dell'art. 3 d.l. 158/12 conv. da  l.
189/12). 
    A sanare tale evidente depenalizzazione anche per le posizioni di
garanzia in materia  lavoristica,  per  una  sostanziale  convergenza
all'interno della medesima posizione di garanzia, non basta osservare
che le linee guida, e le buone  pratiche  accettate  dalla  comunita'
scientifica si riferiscono soltanto all'attivita' medico chirurgica o
comunque all'attivita' terapeutica e/o diagnostica. 
    Infatti e' sufficiente considerare che le linee guida e le  buone
prassi nell'ambito medico si riferiscono non  soltanto  a  protocolli
diagnostici e terapeutici ma anche a strumenti, procedure, materiali,
uso   di    attrezzature,    sostanze,    prodotti,    organizzazione
dell'attivita'  sanitaria  che   riguardano   sempre   il   risultato
scientifico, la sicurezza del paziente, la sicurezza delle persone  e
delle  strutture,  per  il  conseguimento   dell'obiettivo   clinico,
terapeutico o diagnostico. 
    Si pensi ad esempio alle  procedure,  accettate  dalla  comunita'
scientifica internazionale, in materia  di  esami  radiologici  o  di
trattamenti medici iperbarici,  laddove  ogni  profilo  operativo  e'
previsto a tutela non soltanto del paziente ma anche dell'incolumita'
di tutte le persone che operano in quell'ambiente,  dei  beni,  delle
strutture e in genere della sicurezza e dell'efficienza del servizio;
di talche' nel  caso  di  colpa  lieve,  l'esercente  la  professione
sanitaria, che nello svolgimento  di  tale  attivita'  diagnostica  o
terapeutica, si sia attenuato a tali linee guida,  non  risponderebbe
penalmente in base all'articolo 3 d.l. 158/12 conv. da l.  189/12  ma
risponderebbe contemporaneamente in base alla normativa specifica  in
materia di sicurezza del lavoro. 
    Il conflitto di norme deporrebbe comunque per rapplicazione della
norma speciale, e piu'  favorevole,  dell'articolo  3.1  d.l.  158/12
conv. da l.  189/12  con  conseguente  disapplicazione  di  qualsiasi
tutela penale in materia di sicurezza. 
    Residuano, quindi, forti dubbi circa il rispetto del principio di
ragionevolezza ex. art. 3 Cost. 
7) La tutela della persona offesa 
    Un'importante ingiusta conseguenza norma in  parola  riguarda  la
tutela della persona offesa la quale a prescindere dal tipo di  reato
e dall'entita' dei danni cagionati dall'operatore  sanitario  che  ha
assunto  una  condotta  lievemente  colposa  -  non   puo'   ricevere
protezione alcuna in sede penale ma soltanto in sede civile  in  base
all'art. 2043 cc. 
    Si tratta di  un  grave  vuoto  di  tutela  in  sede  penale  che
impedisce a  un  soggetto  colpito  da  un  atteggiamento  lievemente
colposo dell'operatore sanitatio  di  agire  anche  per  chiedere  la
condanna di quest'ultimo. 
    E non puo' considerarsi fungibile la possibilita' di ricorrere al
giudice civile per un illecito aquiliano. 
    La tutela penale e quella  civile  non  possono  considerarsi  di
certo fungibili soprattutto per la persona offesa che  nel  caso  del
procedimento penale puo' avvalersi  dell'azione  pubblica,  accodarsi
all'acquisizione probatoria del pubblico ministero e quindi fruire di
una attivita' investigativa che altrimenti non potrebbe sostenere con
una mera azione civile. 
    Si aggiunga l'evidente disparita' di trattamento fra  le  persone
offese che - subiscono un danno da reato commesso con colpa lieve  da
parte di un operatore sanitario (con conseguente  assenza  totale  di
tutela penale), e soggetti che subiscono il medesimo fatto e danno da
soggetti  diversi  dagli,  operatori  sanitari  o  da  soggetti   che
concorrono con gli operatori sanitari (con possibilila' di esercitare
pienamente l'azione civile nel processo  penale  o  i  diritti  della
persona offesa ex artt.74 ss e 90 ss. cpp). 
    L'assenza  di  tutela  penale  comporta  lo   svilimento   e   lo
svuotamento di ogni spazio per la  persona  offesa  nel  procedimento
penale, specificamente (ma non  soltanto)  nel  caso  di  danno  alla
salute. 
    Tale conseguenza evidenzia sul piano sostanziale l'ingiustizia  e
l'ingiustificabilita' della depenalizzazione della  colpa  lieve  per
gli operatori sanitari. 
    Si    sottopongono,    pertanto,    all'Eccellentissima     Corte
costituzionale anche i dubbi circa la violazione dei principi di equa
ed effettiva tutela giudiziaria. ex artt. 3, 24, 32, 111 Cost. 
8) Violazione degli artt. 3 e 28 Cost. 
    L'art. 3.1 d.l. 158/12 conv. da l. 189/12 si applica a tutti  gli
esercenti la professione sanitaria, senza distinzione tra il  settore
pubblico e il settore privato in cui essi operano. 
    Nel caso in cui i  sanitari  fossero  dipendenti  pubblici  (come
accade ad esempio per tutti i  medici,  veterinari,  operatori  socio
sanitari  a  tutti  i  livelli,  dipendenti  dei  servizio  sanitario
nazionale) dalla disposizione in esame riceverebbero  un  trattamento
differenziato e sostanzialmente privilegiato  rispetto  a  tutti  gli
altri funzionari, dirigenti o comunque dipendenti dello Stato e degli
enti pubblici che, non esercitando una professione sanitaria, ma  pur
esercitando una attivita' che  ha  una  relazione  quotidiana  con  i
medesimi  beni  giuridici  (salute,  integrita'   psicofisica   della
persona,  vita,  incolumita'   pubblica,   incolumita'   individuale,
incolumita' di beni, erogazione di  un  servizio  pubblico) non  sono
graziati dalla colpa lieve. 
    Questi ultimi, infatti, a parita' di condotta lievemente colposa,
lesiva  dei  medesimi  beni  giuridici,   continuano   a   rispondere
ordinariamente dei medesimi reati colposi. 
    Il differente trattamento appare  sostanzialmente un  privilegio,
irragionevole e ingiustificato, riservato ai soli dipendenti pubblici
esercenti una professione sanitaria, in contrasto con il principio ex
art. 28 Cost. in forza del quale tutti i funzionari dipendenti  dello
Stato e degli enti pubblici sono "direttamente responsabili,  secondo
le leggi penali... degli atti compiuti in violazione di diritti". 
    Non v'e' dubbio che con la disposizione dell'art. 3.1 d.l. 158/12
conv. da. l. 189/12 si esclude l'applicabilita'  della  legge  penale
soltanto per taluni funzionari e  dipendenti  pubblici  esercenti  la
professione sanitaria che non rispondono per colpa  lieve.  Non  pare
che l'art. 28 Cost. autorizzi,  all'interno  dell'operativita'  della
legge penale e di una diretta responsabilita' per la violazione della
stessa  da  parte  dei  dipendenti  pubblici,  una   differenziazione
rispetto a talune attivita'. 
    Di certo la nostra legislazione  prevede  per  alcuni  dipendenti
pubblici  una  responsabilita'  soltanto  per  colpa  grave  ma.  con
riferimento alla responsabilita' civile  e  amministrativa  non  alla
responsabilita' penale. 
    Un esonero da responsabilita' penale per qualsiasi tipo di  reato
lievemente  colposo  soltanto  per  gli  esercenti   la   professione
sanitaria, pone una possibile lesione del  principio  di  eguaglianza
anche nella responsabilita' penale dei dipendenti pubblici ex artt. 9
e 28 Cost. 
9) Linee guida  e  buone  pratiche  e  violazione  del  principio  di
tassativita'. 
    Anche  sotto  il  profilo   del   rispetto   del   principio   di
tassativita', sub specie del principio di legalita', l'art. 3.1  d.l.
158/12 conv. da l. 189/12 solleva diversi dubbi di legittimita'. 
    Precipuamente si consideri che  l'esimente  introdotta  dall'art.
3.1 d.l. 158/12  conv.  da  l.  189/12  e'  costituita  dai  seguenti
elementi: il soggetto attivo deve essere un esercente la  professione
sanitaria, deve commettere il reato nello svolgimento  della  propria
attivita', deve attenersi alle linee  guida  e  alle  buone  pratiche
accreditate dalla comunita' scientifica. 
    In ordine a quest'ultimo profilo  la  formulazione  normativa  e'
tanto elastica da non consentire  al  giudice  e  prima  ancora  agli
operatori   sanitari   di   determinare   esattamente    i    confini
dell'esimente. 
    In ordine alle lince guida e  buone  pratiche  accreditate  dalla
comunita' scientifica si osservi che trattasi di mere raccomandazioni
per le quali la legge non offre alcun criterio  di  individuazione  e
determinazione. 
    Diversamente da quanto  accade  nel  campo  della  sicurezza  del
lavoro  dove  viene  prevista  una  procedura   di   identificazione,
raccolta, codificazione, pubblicita', adozione, in breve di  serieta'
e scientificita' delle linee guida e delle buone prassi (vedi artt. 2
lett. v) e z), 6 lett. d), 9 lett. i) e l) d.lvo  81/08),  nel  campo
della  responsabilita'  degli  operatori  sanitari  non  v'e'  alcuna
indicazione  normativa,  a  livello  di   legislazione   primaria   o
secondaria, per orientare  l'interprete  e  ancora  prima  lo  stesso
operatore sanitario, nella  selezione  delle  condotte  raccomandate,
suggerite c/o accreditate. 
    Non vengono specificate le fonti delle linee guida,  quali  siano
le autorita'  titolare  a  produrle,  quali  siano  le  procedure  di
raccolta dei dati statistici  e  scientifici,  di  valutazione  delle
esperienze  professionali,  quali  siano   i   metodi   di   verifica
scientifica, e infine quale  sia  la  pubblicita'  delle  stesse  per
diffonderle e per renderle conoscibili agli  stessi  sanitari;  cosi'
come per le prassi non viene specificato il metodo di raccolta,  come
possa individuarsi la "comunita' scientifica" e  se  l'accreditamento
debba provenire  dalla  "comunita'  scientifica"  locale,  regionale,
nazionale, europea o internazionale. 
    Se soltanto si considera che per talune specializzazioni  mediche
vi sono nel nostro paese tre linee  guida  regionali,  tredici  lince
guida nazionali, alcune decine di linee guida europee  (a  differenza
degli USA dove sono  disponibili  oltre  duemila  linee),  giocoforza
bisogna dedurne  l'assoluta  imprecisione  non  determinabilita'  dei
confini dell'area di non punibilita'. 
10) La diretta rilevanza dei dubbi di legittimita' costituzionale 
    In definitiva l'art. 3 d.l. 158/12 conv. da l. 189/12  detta  una
non punibilita' dai confini equivoci, non delimitabile  con  la  mera
interpretazione, esclusiva per tutti  gli  esercenti  la  professione
sanitaria, per qualsiasi reato colposo, non definendo la colpa lieve,
non identificando le linee guida, le buone prassi e le autorita'  che
dovrebbero   codificarle,   avvilendo   la   liberta'   di   scienza,
discriminando  in  modo  ingiustificabile  tra   operatori   pubblici
sanitari e non  sanitari,  tra  operatori  sanitari  e  non,  che  si
occupano dei medesimi beni giuridici: una norma  ad  professionem  da
cui sorgono dubbi sul rispetto dei principi costituzionali  ex  artt.
3, 24, 25, 27, 28, 32, 33, 111 Cost. 
    La disposizione dell'art.  3  d.l.  158/12  conv.  da  l.  189/12
riguarda  direttamente  la  responsabilita'  penale  e  civile  degli
operatori   sanitari   (nonche'   delle   strutture   sanitarie   cui
appartengono) per  i  fatti  commessi  nell'esercizio  dell'attivita'
sanitaria. Trattasi di norma  certamente  speciale  e  comunque  piu'
favorevole (per gli imputati e per il responsabile civile, ma non per
la parte civile) rispetto  alla  normativa  generale  previgente  che
potrebbe essere di diretta  e  immediata  applicazione  al  caso  sub
iudice, salva ogni valutazione del merito della vicenda processuale. 
    Di  conseguenza  i  dubbi   sulla   legittimita'   costituzionale
sollevati dal nuovo regime di  responsabilita'  attengono  a  profili
manifestamente e direttamente rilevanti per la decisione. 
    L'eventuale accoglimento della questione, nei termini in  cui  si
sottopone all'ccellentissima Corte Costituzionale,  comporterebbe  il
mero ripristino della normativa generale precedente senza pericolo di
ledere la discrezionalita' del  legislatore  nella  determinazione  e
definizione delle fattispecie penali.